[vc_row css=”.vc_custom_1542809966199{padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column][vc_column_text]Roma, 14 ottobre 2019 – In Italia ogni anno circa 700 preti abbandonano l’abito talare. Tra questi più della metà lo fa per convolare immediatamente a nozze. Se a questo dato ufficiale si associa quello del ‘Vox Populi’, cioè che il 26% dei cittadini è venuto a conoscenza di sacerdoti che intrattengono storie sentimentali, ecco che la questione riguardante la possibilità che si possa consentire ai preti di sposarsi diventa un elemento su cui riflettere. Eppure nella religione cattolica a volte è permesso lo sposalizio ma questo riguarda solo quelli che seguono il rito orientale (bizantino, siriaco o greco) o gli anglicani.
Per molte altre religioni è possibile l’addio al celibato, come per esempio per gli ebrei e per i protestanti. Mentre per il Vaticano, invece, rimangono salde le regole storiche, per gli italiani queste leggi della Chiesa dovrebbero cambiare visto che ben il 58% sarebbe favorevole allo sposalizio dei preti e una percentuale simile, ma leggermente minore, il 55% delle suore.

Tale opinione, però, è fortemente influenzata dal livello di partecipazione delle persone alla religione. Infatti tra i cattolici molto praticanti prevale nettamente la contrarietà alle unioni, questa percentuale diminuisce tra quelli poco praticanti, mentre diventa nettamente minoritaria tra i cittadini che si professano cattolici ma che non praticano in maniera assidua. Bisogna dire che ben la metà della popolazione italiana si riconosce in questa categoria, e quindi il parere di questi cittadini influenza nettamente l’opinione generale.

Sondaggio sul celibato di preti e suore
Sondaggio sul celibato di preti e suore

Altro fattore di cui si discute da tempo è la possibilità che anche le suore possano celebrare messa. In questo caso le percentuali dei favorevoli aumenta di molto, così come anche il giudizio dei cattolici molto praticanti diventa meno conservatore.
Il 68% della popolazione italiana sarebbe favorevole all’ipotesi che anche le suore possano officiare messa. Solo tra i cattolici molto praticanti questa teoria è in minoranza (anche se molto vicina al 50%) mentre sia nei cattolici poco praticanti che in quelli non praticanti è nettamente maggioritaria. È importante evidenziare che questa richiesta non è espressa solo dalle donne ma è nettamente presente anche tra i maschi.

Non solo. Altro dato su cui riflettere è che permettere di poter far celebrare messa anche alle suore è ritenuto un forte elemento innovativo che inciderebbe nella possibilità di ulteriore avvicinamento della Chiesa verso la popolazione. Insomma, emerge in maniera elevata che gli italiani ‘cercano un cambiamento’ anche nelle sfere e nelle regole ecclesiastiche, e non solo quindi nel mondo della politica. A dare maggiore conforto a questa ipotesi c’è un altro dato: il 60% ritiene che la Chiesa non sappia affrontare la questione del sesso. È interessante notare come tra i giovani questa percentuale arriva addirittura al 74%, indicatore anche questo di una ‘lontananza’ dei teenager dai valori della Chiesa. Al di là di questa differenza legata ai più giovani, c’è anche da dire che la maggioranza della popolazione, il 54% di chi comunque di professa cattolico, dichiara di non seguire le indicazioni della religione in ambito sessuale. Anche se la Chiesa rimane il riferimento per i valori della assoluta maggioranza degli italiani, al contempo diventa sempre più forte una richiesta di cambiamento che deve coinvolgere sia le regole interne che il rapporto con i credenti.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row css=”.vc_custom_1542810338468{padding-top: 20px !important;padding-bottom: 50px !important;}”][vc_column][ultimate_heading spacer=”line_only” line_height=”6″ line_color=”#afafaf” line_width=”400″][/ultimate_heading][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column width=”1/2″][/vc_column][vc_column width=”1/2″][/vc_column][/vc_row]

[vc_row css=”.vc_custom_1542809966199{padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column][vc_column_text]Roma, 6 ottobre 2019 – La prossima manovra finanziaria avrà come obiettivo principale la diminuzione dei pagamenti in nero in modo tale che le entrate potranno aumentare e – come ha detto il presidente Conte – le tasse calare. Per fare questo il Governo vuol mettere in atto una vera e propria stretta sulle transazioni in contanti. Il fine è arduo, ma non per la bontà della proposta, per il fatto che questo eventuale provvedimento dovrebbe incidere su un cambiamento radicale dei comportamenti della popolazione.

Basti pensare che in Italia il 52% possiede una tessera per poter pagare con la moneta elettronica, ma solo il 12% la utilizza abitualmente, o almeno tutte le volte che può. A questo si deve aggiungere un ulteriore 22% che dichiara di utilizzare il bancomat o la carta di credito solo in particolari situazioni. Insomma, al momento appena 1/3 dei cittadini ha una predisposizione, più o meno forte, a utilizzare la moneta elettronica, mentre il rimanente 2/3 dovrebbe mutare il proprio modo di fare. In Italia, diversamente da altre nazioni del Nord Europa, si è sedimentato un comportamento particolare, anche da parte di chi detiene carte di credito e bancomat, cioè si finalizza l’uso del pagamento elettronico solo per importi più sostenuti, almeno sopra i 100 euro, mentre per valori inferiori, pur potendo, si preferisce il contante.

È anche vero, però, che la proposta del Governo prevede un bonus fiscale a chi paga con la moneta elettronica, questo appunto per motivare maggiormente all’utilizzo di credit card. In linea di massima questa ipotesi raccoglie giudizi positivi da parte degli italiani, il 61% è favorevole. È da notare, però, che al contempo il 56% degli italiani non ha fiducia che questo porterà a un aumento delle entrate e addirittura il 63% pensa che se anche ci fosse un maggiore gettito fiscale il governo comunque non abbasserebbe la tasse.

È importante analizzare quest’ultima opinione: si mette l’accento sulla sfiducia rispetto alle promesse del Governo, cioè che il cittadino pagherà effettivamente meno tasse se si aumenteranno le transazioni tracciabili. A maggior ragione il 61% pensa che non sia corretto punire con un’imposta più elevata chi utilizza la moneta di carta e addirittura il 63% vorrebbe aumentare la soglia di utilizzo dei contanti, passando dai 3 mila attuali a 5 mila. Se a questo si aggiunge che il 59% stima che con la prossima manovra finanziaria le tasse aumenteranno, ecco che l’idea del premier di proporre una forte stretta sui contanti potrebbe essere di non facile successo, soprattutto nella considerazione che la percezione degli italiani è che comunque le tasse non diminuiranno, pur in presenza di un maggiore gettito.

Insomma è la credibilità di tutto il sistema da essere messa sotto accusa, non il singolo provvedimento di motivare e conferire un bonus fiscale a chi utilizza carte e bancomat. Tra l’altro gli stessi cittadini che pagano abitualmente con la moneta elettronica si accorgono delle difficoltà: il 41% dichiara che molto spesso è capitato che l’esercente o chi deve essere pagato rifiuti la transazione elettronica, pur in presenza del pos, adducendo la banale scusa che manca il collegamento. Nel frattempo nascono metodi alternativi di pagamento e che potrebbero sfuggire alle normali tracciabilità di chi utilizza le carte. Per esempio anche se ancora minoritaria, è in aumento la quota di chi paga tramite smartphone. Il 6% ha affermato di aver effettuato almeno una transazione con questo sistema, ma se si pensa che solo l’anno scorso il 3% dichiarava lo stesso utilizzo, sorge il dubbio che la tecnologia sia più veloce delle Leggi.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row css=”.vc_custom_1542810338468{padding-top: 20px !important;padding-bottom: 50px !important;}”][vc_column][ultimate_heading spacer=”line_only” line_height=”6″ line_color=”#afafaf” line_width=”400″][/ultimate_heading][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column width=”1/2″][/vc_column][vc_column width=”1/2″][/vc_column][/vc_row]